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Fotografia di viaggio e di natura

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Test dell'obiettivo Canon RF 100-500mm f/4.5-7.1L IS USM

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
Pubblicato da in Fotografiamo ·
Tags: TestCanonRF 100-500mm f/4.5-7.1L IS USMFotografiamo.net
Ho pubblicato questa mattina il test dell'obiettivo per mirrorless Canon RF 100-500mm f/4.5-7.1L IS USM. Per leggerlo clicca qui.



Vi racconto una foto #19 / Un panorama veramente dettagliato

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoRomaFotografia PanoramicaFujifilmGFX100 II
Quel giorno grandi nuvole si stavano addensando su Roma, così ho deciso di salire sul Campidoglio e scattare una fotografia panoramica che andasse dal Teatro Marcello fino al Vittoriano.
Una fotografia panoramica in digitale è composta da una serie di scatti che vengono in seguito uniti in post produzione. Non è un caso se in inglese si parla di photostitch, stitch infatti è una parola usata generalmente nel ricamo. La difficoltà tecnica in questo caso era duplice: da una parte le nuvole si muovevano in fretta, dall'altra bisognava considerare il traffico cittadino e scattare in modo che nessun mezzo venisse fotografato sul bordo del fotogramma, altrimenti questo avrebbe creato problemi in fase di giunzione delle foto. A rendere il tutto più difficoltoso si è aggiunto il fatto che avessi in prova in quei giorni la Fujifilm GFX100 II, una fotocamera ad altissima risoluzione che mi obbligava a fare tutto perfettamente o i problemi sarebbero emersi solo una volta tornati a casa senza grandi possibilità di recupero dei dettagli.
Facendo attenzione sono riuscito a realizzare quel che volevo e sono anche molto soddisfatto del risultato finale.



Test dell'obiettivo Fujinon GF 20-35mm f/4 R WR

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: TestFujifilmFujinonGF 20-35mm f/4 R WRFotografiamo.netLarge Format
Ho pubblicato questa mattina il test dell'obiettivo per mirrorless Large Format Fujinon GF 20-35mm f/4 R WR. Per leggerlo clicca qui.



Test della fotocamera Canon EOS R1

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: TestCanonEOS R1Fotografiamo.netFull Frame
Ho pubblicato questa mattina il test della mirrorless ammiraglia Canon EOS R1. Per leggerlo clicca qui.




Vi racconto una foto #18 / Pochi metri possono fare una grande differenza

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoPonzaChiaia di LunaIsole PontineIsole Ponziane

Quando pubblicai per la prima volta questa foto di Chiaia di Luna molti mi chiesero perché avessi scritto che scattare quella fotografia fu più difficile umanamente che tecnicamente e risposi brevemente, ma oggi vorrei raccontarvi più in dettaglio quale fu il motivo.

Ho scattato questa e altre fotografie nel 2018, dopo circa 17 anni che non tornavo ad ammirare questo splendido panorama. Nel settembre del 2001 infatti ero in vacanza a Ponza con la mia fidanzata, era la nostra prima vera vacanza insieme e andammo a Chiaia di Luna per passare il pomeriggio. All'epoca la spiaggia si poteva ancora raggiungere attraverso il passaggio scavato nella roccia dagli antichi romani per raggiungere l'altra parte dell'isola, oggi è in parte crollato e non è mai stato ripristinato. Chiaia di Luna infatti si trova dalla parte opposta dell’isola rispetto alla cittadina e il passaggio venne scavato non perché ai romani piacesse farsi il bagno lì o ammirare il panorama, ma perché quando il mare si agitava nel porto principale ed era impossibile rientrare in porto si poteva stare sicuri che a Chiaia di Luna il mare fosse calmo.
Si tratta di una spiaggia larga appena pochi metri e a forma di falce di luna che si trova sotto una falesia altissima, proprio queste caratteristiche la rendono particolarmente spettacolare. Quel giorno stendemmo il telo da spiaggia in attesa di farci il bagno e subito dopo essermi sdraiato guardai verso l’alto, osservando la parete verticale sopra di me, fragile e non protetta, mi accorsi che una metà della falesia era assicurata con una rete e l'altra metà no. Allora mi alzai per guardare meglio e mi accorsi che noi eravamo in una zona della spiaggia teoricamente interdetta, la cui recinzione era stata divelta probabilmente dai turisti nei giorni precedenti e di cui erano rimasti giusto pochi brandelli all'altezza proprio della falesia, ma che era così rovinata che inizialmente nemmeno ci eravamo accorti della sua esistenza. Da persona abituata a frequentare la montagna ho imparato che non esiste un eccesso di prudenza in questi casi, esiste solamente la prudenza e che questa a volte può salvarti la vita. Fu così che guardai la mia fidanzata e le dissi che secondo me sarebbe stato meglio spostarsi sotto la parete assicurata. Si trattava di spostarsi di pochi metro, in un luogo dove c'erano sicuramente più persone, anche perché lì c'era l'unico punto di ristoro, ma venne con me.

Non ricordo se avevamo appena fatto il bagno o dovevamo ancora farcelo quando una piccola parte della falesia venne giù. Sentii un rumore fortissimo della roccia che si sbriciolava e poi crollava pesantemente sulla spiaggia. Un rumore che fino ad allora avevo sentito solo in qualche film. Durò pochi istanti, ma fu tremendo. La vera differenza con quanto si vede in un film è la velocità alla quale si svolgono questi eventi. Noi siamo abituati a vederli al rallentatore, sembra che ci sia il tempo per fare qualcosa, per avere un pensiero razionale e muoversi di conseguenza, invece non è assolutamente così. Tutto avviene in così pochi istanti che niente potrebbe realmente  garantirvi la salvezza.

Una volta finito tutto mi voltai a vedere cosa fosse successo e quando la coltre di polvere si depositò a terra notai che alcuni massi erano caduti sulla spiaggia esattamente nel punto in cui ci eravamo fermati inizialmente. Quel giorno fummo fortunati a non aver alcun problema, altri turisti che erano in quella zona ebbero problemi tutto sommato relativi, ma una donna venne colpita ad una gamba da una pesante roccia e fu trasportata via in barella non riuscendo a muoversi. Purtroppo poi, dopo essere stata trasportata con l’elisoccorso verso un ospedale sulla costa, morì durante la notte. Noi eravamo salvi solo per una precauzione suggerita dalle mie esperienze pregresse in montagna, luogo nel quale ho imparato che la prudenza può fare la differenza fra tornare a casa sano e salvo oppure no.

Per questo motivo tornare a osservare e fotografare questo splendido panorama mi provoca ancora oggi forti emozioni, perché lì tutto quel che è venuto dopo nella mia vita sarebbe potuto non accadere mai se non avessi deciso di spostare l'asciugamano di appena qualche metro.



Vi racconto una foto #17 / L’elezione di Papa Francesco

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoRomaPapa FrancescoCittà del Vaticano

Questa mattina alle 7:35 è venuto a mancare Papa Francesco. Mi fa piacere ricordarlo raccontandovi la storia di questa mia fotografia che lo immortala al suo primo affaccio dalla loggia delle benedizioni della Basilica di San Pietro, la sera del 13 marzo del 2013.

Come di certo ricorderete Papa Benedetto XVI si dimise dal suo incarico di papa e il 28 febbraio 2013 fu il suo ultimo giorno da pontefice, a seguito di questo evento iniziò il cosiddetto periodo di sede vacante che portò al conclave e alla successiva elezione di Papa Francesco. In quei giorni passai molto tempo in Piazza San Pietro aspettando la cosiddetta “fumata bianca”, ma, nonostante le ore perse in piazza in attesa dell'evento, si susseguirono non meno di 3 fumate nere consecutive, che fotografai.

Non avendo idea su quando sarebbe arrivata l'attesa fumata bianca il pomeriggio del 13 marzo andai in palestra e poco dopo il mio ritorno vidi in televisione il camino della Cappella Sistina che emetteva una chiara fumata bianca. Presi l'attrezzatura fotografica, che tenevo già pronta in uno zaino vicino la porta di casa per essere pronto a ogni evenienza e uscii di corsa. La gente affluiva in Piazza San Pietro da ogni direzione e mettermi in fila per passare i metal detector sarebbe stata una perdita di tempo che non potevo permettermi perché avrei rischiato di riuscire a entrare troppo tardi. Fu così che, sfruttando il caos che regnava in zona, scavalcai una ringhiera ed entrai in Piazza San Pietro di straforo. Mi avvicinai il più possibile e, visto che il sole era tramontato da tempo, usai come cavalletto di fortuna la spalla della mia dolce metà per scattare qualche fotografia. È così che riuscii a portare a casa una piccola serie di fotografie di questo evento, tra le quali questa.
Partecipare a queste cerimonie è emozionante perché ci si sente nel mezzo di un evento che rimarrà nella storia e poter portare a casa una fotografia è una soddisfazione immensa.



Vi racconto una foto #16 / Cosa ci fa la Ferrari di Niki Lauda a Trastevere?

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoFerrari312TRomaMuseo dell’Agenzia delle Dogane e dei MonopoliTrastevere

Questa foto racconta un’avventura bizzarra che mi è capitata qualche tempo fa e che ha senso pubblicare solamente in questa rubrica nella quale racconto aneddoti inerenti la mia vita professionale. Per lavoro quel giorno dovevo andare a fare delle foto in via di San Crisogono, nel quartiere Trastevere, a Roma. Scesi dal tram a Piazza Mastai e per raggiungere il luogo di lavoro avrei dovuto fare solo pochi passi a piedi, ma nel corso di questo breve tragitto, come un vero e proprio miraggio, mi è apparsa di fronte la Ferrari 312 T con la quale Niki Lauda vinse il suo primo mondiale nel 1975 esposta in una vetrina. Non potevo crederci, per quale motivo quella Ferrari storica si trovava a Roma? Essendo in anticipo di un buon quarto d’ora mi sono avvicinato alla vetrina e mi sono accorto che quello spazio apparteneva all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e che si trattava in definitiva di un piccolo museo.
L’entrata era libera e sono ovviamente entrato di corsa per vederla da vicino, ma avvicinandomi ho subito notato che c’era qualcosa di strano nelle forme di quella macchina da Formula 1. Ho così scoperto che si trattava di un falso sequestrato al confine con la Svizzera nel 2021 durante un controllo. L’auto è infatti una replica ben eseguita e dotata di motore elettrico, ma il fatto che nel contagiri fosse riportata la scritta “Ferrari” ha fatto sì che si potesse considerare replica non autorizzata di un marchio registrato e quindi l’auto è stata posta sotto sequestro e portata a Roma per essere esposta in questo strano museo che contiene altre interessanti curiosità.



Vi racconto una foto #15 / Attenzione, pericolo di caduta

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: RomaNevicata del 26 febbraio 2018Piazza di SpagnaFontana della Barcaccia


La sera del 25 febbraio 2018, prima di andare a dormire, preparai lo zaino con l'attrezzatura fotografica con la speranza che le previsioni meteorologiche che avevo visto la sera a cena si rivelassero esatte. Infatti per quella notte e fino a metà mattina del 26 febbraio era prevista una fitta nevicata sul Lazio che avrebbe potuto portare la neve fino a Roma. È con questa premessa che per la prima volta in vita mia a fianco dello zaino ho preparato le scarpe da neve per un'uscita fotografica a Roma.

La mattina, ancor prima dell'alba, sentii degli strani rumori provenire dall'esterno. Mi alzai e vidi che stava nevicando copiosamente e che c'erano almeno una decina di centimetri che si erano già posati sul terreno, così mi vestii in fretta e uscii con tutta la mia attrezzatura intorno alle 6:00 del mattino. Il freddo era intenso, in strada non c'era praticamente nessuno perché era impossibile transitare senza catene e incontrai solo un signore molto ottimista che stava provando a uscire con il motorino. Percorse forse 10 metri prima di farne altrettanti strisciando per terra. Mi avvicinai per aiutarlo, ma si rialzò da solo e mi disse che forse per quella mattina era meglio tornare tutti a casa. Pensai che forse avrebbe potuto intuirlo anche prima, d'altra parte se in Scandinavia sulla neve preferiscono usare le motoslitte ai motorini un motivo ci sarà, ma al contrario dell’avventato signore pensai che per me tornare a casa in un'occasione del genere sarebbe stato un errore che avrei rimpianto per chissà quanti anni, forse per sempre.

Mi rimisi in marcia con una nevicata fittissima e un freddo polare e feci parecchie fotografie, ma intorno alle 9:00 iniziai ad accusare la stanchezza e la fame per aver già percorso oltre una decina di chilometri sotto la neve e senza aver fatto una vera colazione pur di uscire il prima possibile. Ero in prossimità di Piazza di Spagna, così approfittai dell'unico posto aperto in zona, il McDonald's di via dei due Macelli, il secondo ad aprire in Italia. A quell’ora si cominciava a vedere qualcuno in giro, ma nelle tre ore precedenti avevo incontrato veramente poche persone. Scattai la foto che vedete pensandola già in bianco e nero perché la trovavo molto più adatta alla situazione che stavo vivendo in quel momento.
Entrai e ordinai la mia colazione e mi misi seduto nell'ampia sala nella quale c'ero solamente io in quel momento.

Feci colazione godendomi per un po' il caldo della sala e la colazione, quando a un certo punto vidi uno degli inservienti posare un cartello giallo a terra, ma lì per lì non ci feci caso più di tanto e continuai a mangiare. Una volta finito ripresi il vassoio e mi accorsi che il cartello era quello che indicava di fare attenzione al pavimento bagnato e che la causa del pavimento bagnato ero io. Avevo raccolto così tanta neve sulla giacca e sull'attrezzatura che il caldo della sala l'aveva rapidamente sciolta e si era creata una larga pozza tutto attorno a me.

Mi sentii un po' in colpa e mi scusai col ragazzo che aveva posizionato il cartello poco prima e che era pronto ad asciugare e ci fermammo a scambiare due chiacchiere su quanto fosse surreale quella situazione. Lo salutai e ricominciai il mio tour fotografico per la capitale imbiancata, ma dopo quella piccola avventura fu più semplice perché avevo finalmente messo qualcosa nello stomaco e perché nel frattempo aveva smesso di nevicare.

Quel giorno feci decine di chilometri con la pesante attrezzatura sulle spalle e quando tornai a casa dovetti mettere il ghiaccio sulle ginocchia per riprendermi, ma fu tutto sommato semplice trovarlo perché bastò prendere quello residuo che si era conservato sul balcone di casa.



Vi racconto una foto #14 / La Risiera di San Sabba, una storia troppo poco tramandata

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoRisiera di San SabbaTriesteGiorno della memoriaSeconda guerra mondiale
Nel giorno della memoria vi mostro l'interno di un luogo poco conosciuto dalla maggior parte degli italiani, ma importantissimo per la storia della nostra nazione e per questo dichiarato monumento nazionale dal presidente Saragat nel 1965: la Risiera di San Sabba a Trieste.

Come suggerisce il nome, questo luogo nasce come stabilimento industriale per la lavorazione del riso alla fine dell'800, ma poi, negli anni, venne trasformato più volte a scopo militare. Prima venne utilizzato come caserma del Regio Esercito Italiano e, in seguito all'occupazione del territorio da parte dell'esercito tedesco, fu utilizzato come campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l'8 settembre 1943 (Stalag 339). In seguito i nazisti lo trasformarono in Polizeihaftlager, cioè un campo di detenzione e di polizia, una delle realtà tipiche dell’universo criminale nazista. Servì in particolare ad eliminare gli appartenenti alla Resistenza operanti nel Litorale Adriatico, ma altrettanto importante fu la sua funzione di campo di transito per gli ebrei della regione destinati ai campi di sterminio.

È l'unico campo di concentramento italiano ad aver avuto al suo interno anche un forno crematorio, inaugurato nel 1944, e quindi a essere stato anche un luogo di sterminio di non meno di 2000 persone, ma una cifra più credibile parla di almeno 3000 persone uccise qui, mentre sembrano esagerate le 5000 ipotizzate da qualcuno. La maggior parte delle vittime erano ostaggi, partigiani e detenuti politici italiani, sloveni e croati, ma si sa per certo che almeno 28 ebrei furono uccisi qui perché ritenuti in condizioni di salute troppo precarie per poter affrontare il viaggio in treno verso altri campi.

L’edificio del forno crematorio e la sua ciminiera vennero fatti saltare in aria dai nazisti in fuga nella notte tra il 29 e il 30 aprile 1945 con la dinamite, fu un tentativo per eliminare le prove dei crimini da loro commessi. Tra le macerie sono state rinvenute ossa e ceneri umane raccolte in tre sacchi di carta del tipo normalmente utilizzato per il cemento.

Dopo aver visitato il ben curato museo realizzato all'interno della Risiera potete immaginare con quale umore abbia scattato delle fotografie di questo luogo e per quale motivo abbia aspettato anni prima di condividerle e perché abbia deciso di farlo proprio oggi.



Vi racconto una foto #13 / Una storia di pizze e arcobaleni

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoLago di ScannoParco Nazionale d'Abruzzo Lazio e MoliseAbruzzoMontagnaArcobaleno

Se dovessero raccontarvi la genesi di questa fotografia alcuni fotografi che conosco sono sicuro che lo farebbero inventando una storia ai limiti dell'eroico. Ricordo ancora un noto e bravo fotografo che raccontò della sua passeggiata verso il Lago del Sorapiss al pari di un'avventura himalayana che avrebbe fatto invidia a Messner. E, se non ci siete mai stati, vi posso assicurare che il Lago del Sorapiss viene raggiunto da molte famiglie con bambini. A mio avviso invece è molto più interessante raccontare i fatti reali per come si sono svolti, anche perché aiutano a dimostrare una volta in più che Ross Brawn - direttore tecnico della Ferrari dei tempi di Schumacher - aveva ragione quando diceva che la fortuna non esiste, ma la fortuna consiste nel duro lavoro per farsi trovare preparati quando succede qualcosa di imprevedibile. Può sembrare una frase scontata, ma è assolutamente vero che se nel quando ci si trova al posto giusto e al momento giusto non ci si fa trovare preparati, allora la fortuna, in fotografia come in Formula 1, semplicemente non esisterà.

Quel pomeriggio aveva piovuto molto nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise ed era stato impossibile fare qualsiasi tipo di attività in sicurezza all'esterno. Un buon momento per riposarsi e leggere un libro, almeno nelle ore in cui mio figlio era impegnato con il riposino pomeridiano. In quei giorni mi trovavo infatti in vacanza con la famiglia e avevamo preso in affitto una casa sulle rive del Lago di Scanno, un posto da sogno nonostante la casa fin troppo "rustica". La sera per fortuna iniziò a spiovere e decisi di andare a comprare delle pizze per cena e qui entra in ballo il discorso sulla fortuna che ho fatto in apertura, infatti non so quanti di voi sperando che si verifichino buone condizioni per fotografare vadano a comprare le pizze portando in macchina la propria reflex e il cavalletto. Io in questo caso l'ho fatto. D'altra parte dopo la pioggia il cielo spesso regala belle sorprese e conviene farsi trovare preparati.

Uscii per andare a prendere le pizze in una pizzeria trovata su Google Maps e, uscito dal locale, mi accorsi che non solo aveva smesso definitivamente di piovere, ma il cielo si stava aprendo e ciò poteva portare a un buon tramonto. Quando ero ormai prossimo all’appartamento guardai nello specchietto retrovisore e vidi che si stava formando un arcobaleno. Parcheggiai la macchina al volo e, prendendo l'attrezzatura fotografica che avevo portato con me e lasciando le pizze sul sedile, mi affrettai a scendere sulla sponda del lago. Tutto l'evento durò pochi minuti, ma proprio nel momento in cui l'arcobaleno era al suo apice e si cominciò a intravedere un accenno di secondo arcobaleno io ero quanto più vicino possibile alla superficie del lago con la macchina fotografica pronta a scattare sul cavalletto, così feci in tempo a realizzare giusto un paio di fotografie buone prima che l'arcobaleno sparisse.

Se ve lo state chiedendo tutto l’evento durò così poco tempo che le pizze rimasero abbastanza calde per la cena. Dunque si tratta di una storia a lieto fine non solo per me che ho così fotografato l’arcobaleno, ma anche per chi aspettava la cena a casa.



Vi racconto una foto #12 / Ora sì che è perfetto!

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoDavid di MichelangeloFirenzeMichelangelo


Questa vista frontale del volto del David di Michelangelo in Piazza della Signoria a Firenze potrà sembrarvi inusuale e meno interessante di quella solita di tre quarti, ma mi serviva per potervi raccontare un curioso aneddoto.

Per prima cosa vi dico che questa statua è una replica che si trova di fronte a Palazzo Vecchio dal 1910, l'originale infatti si trova nella galleria dell'accademia per preservarla dal deterioramento.

Ho deciso di scattare in maniera così frontale perché dovete sapere che nel 1504 il David venne dichiarato quasi finito dall'autore e per l’occasione alcune delle più alte autorità della repubblica fiorentina si recarono da lui per osservarlo in anteprima sapendo che sarebbe diventato un nuovo simbolo per la città di Firenze.

Tra le autorità c'era anche il gonfaloniere Piero Soderini, il quale, in un eccesso di critica - o solamente per darsi un tono -, manifestò a Michelangelo le sue perplessità circa le proporzioni corrette del naso della statua, che a suo dire risultava essere troppo grande rispetto al resto.

Michelangelo non era una persona con un carattere facile, ma doveva essere anche molto intelligente, così invece di replicare fece finta di accettare il suggerimento e salì sulla scala. Prima di salire però, nel momento in cui era andato a prendere lo scalpello, senza farsi vedere prese alcuni pezzetti di marmo e un po' di polvere e li nascose nella mano.

Cominciò quindi a far finta di ridurre il naso della statua aprendo di tanto in tanto la mano per far cadere i frammenti e la polvere di marmo. A quel punto chiese a Soderini cosa ne pensasse ora del naso e il gonfaloniere, mirabilmente ingannato dall'artista, si congratulò con Michelangelo affermando che ora la statua era perfetta.

Chissà cosa avrà pensato Michelangelo del gonfaloniere in quel momento e come avrà raccontato in privato questo aneddoto ai suoi amici e conoscenti.

È pensando a questo aneddoto che ho scelto di riprendere la statua frontalmente, chiedendomi cosa abbia indotto Soderini a fare le sue affermazioni oltre mezzo millennio fa perché oggi sarebbe impossibile criticare la bellezza delle forme del David.



Vi racconto una foto #11 / Il lago che non c’è

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoFriuli Venezia GiuliaDiga del VajontMontagnaVajont

Questa è la foto di un lago che non c'è e che non ci sarebbe mai dovuto essere, ma che per un breve lasso di tempo c’è stato. Quel piccolo torrente che si vede scorrere sul fondo valle ha infatti un nome che fa tremare le gambe a chi conosce la storia di questi luoghi e delle grandi tragedie italiane, si chiama infatti Vajont.

Vedendolo da qui sembrerebbe un placido torrente di montagna, ma per la follia dell’uomo e la ricerca di uno smisurato guadagno negli anni ‘50 qualcuno ha pensato di realizzare qui una diga come non ce n’erano altre al mondo, la più alta del mondo. Un prodigio dell’ingegneria, tanto che è ancora lì, maestosa come è stata pensata, ma posizionata nel luogo sbagliato.

Il lago doveva arrivare a lambire quel piccolo paese che si vede sulla destra e che si chiama Erto, per cui immaginate quanta acqua dovesse contenere quel lago guardando questa foto.

I segnali che qualcosa non stesse andando nel verso giusto c’erano, ma li potrà spiegare meglio di me chi è esperto della vicenda. Però so che, appassionandomi alle vicende di questa tragedia, da fotografo ho cercato questo punto di vista preparandomi prima ancora di partire. Volevo una foto che mostrasse quello che non c’è ancora di più di quello che è rimasto, così ho deciso di andare nel punto diametralmente opposto della valle rispetto alla diga e di scattare questa foto. E ci sono andato nel tardo pomeriggio di un giorno nuvoloso, la fortuna mi ha assistito nel mio compito regalandomi un timido sole che si fa strada tra le nubi e che restituisce l’idea che alla fine la luce torna anche lì dove la speranza di un futuro è stata negata a tanta gente. Infatti, come si può vedere in questa fotografia, in fondo alla valle c’è un grande cumulo di terra lì dove non dovrebbe esserci nulla a fermare quel torrente, quella collina è la grande frana che si è originata il 9 ottobre del 1963 che provocò un’onda stimata di 250 metri di altezza e un’onda d’urto pazzesca che alcuni stimano come più potente di quella di una bomba atomica. Nel disastro rimasero uccise quasi 2.000 persone, compresi circa 500 tra adolescenti e bambini, ma ci furono anche alcuni bambini mai nati che erano ancora nel grembo delle loro madri e che non videro mai la luce.

Chi mi segue rimarrà probabilmente un po’ spiazzato dalla postproduzione più spinta del solito, ma in un posto del genere, per raccontare una storia del genere, c’è bisogno di andare oltre quello che per me è il normale limite nello sviluppo di una fotografia.



Vi racconto una foto #10 / Space Invaders a Roma?

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoRomaPantheonOcolusSpace Invaders

Il Pantheon di Roma è probabilmente il  monumento che preferisco tra tutti quelli che ho avuto l’opportunità di vedere nella mia vita. Le sue forme, le proporzioni ricercate dagli antichi romani nel costruirlo, l’eleganza dei suoi interni che si rivela una volta varcato l’immenso portone di bronzo, il suo sfidare il tempo rimanendo sempre incredibilmente affascinante e maestoso per chi lo osserva, tutto ciò contribuisce a renderlo unico. E non è un caso se viene ammirato e visitato da migliaia di turisti ogni giorno.

All'interno del Pantheon ho passato ore a guardare e a fotografare ogni dettaglio, ma quando ho scattato questa foto avevo deciso di passarci un paio d'ore per vedere come cambiava la luce al suo interno.

In quel momento il sole era basso sull'orizzonte e quindi il raggio di luce che entrava dall’ocolus era molto vicino all’apertura stessa e ho notato una cosa a cui non avevo mai fatto caso prima di allora, cioè che ci sono dei momenti della giornata in cui il raggio di luce somiglia agli alieni da colpire nel videogioco “Space Invaders”. Per riprenderlo al meglio ho capito immediatamente che sarebbe servito avere un forte contrasto e che quindi avrei dovuto far sparire i dettagli del soffitto del Pantheon rendendoli più scuri possibile e calcolare l'esposizione sull'unica porzione illuminata dal sole per metterne in risalto la buffa forma. L’unica altra zona della fotografia visibile sarebbe stata così proprio quella dell’ocolus, attraverso il quale sarebbe stato possibile riprendere l’azzurro del cielo, permettendomi di bilanciare la foto grazie a una diagonale che avrebbe reso la foto più dinamica. Fatte queste rapide valutazioni ho scattato.

L'effetto finale mi piace molto e ora ogni volta che mi capita di tornare all'interno del Pantheon non posso fare a meno di andare a cercare gli Space Invaders.



Test dell'obiettivo Fujinon GF 500mm f/5.6 R LM OIS WR

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: TestFujifilmFujinonGF 500mm f/5.6 R LM OIS WRFotografiamo.netLarge Format
Ho pubblicato questa mattina il test dell'obiettivo per mirrorless Large Format Fujinon GF 500mm f/5.6 R LM OIS WR. Per leggerlo clicca qui.





Vi racconto una foto #9 / Una scommessa vinta

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoMonte BiancoAlta RisoluzioneMontagnaMontagne di Luce
Ho scattato questa fotografia nel luglio del 2013 e ha una storia molto particolare che mi fa piacere raccontarvi. Quel giorno mi trovavo al rifugio Torino e stavo ammirando lo splendido spettacolo del Monte Bianco di fronte a me. Un grosso fronte nuvoloso stava per arrivare e quindi avevo poco tempo per scattare qualche fotografia. Nel momento in cui mi ero ritrovato ad ammirare questo splendido paesaggio il mio pensiero è subito andato alla mostra “Montagne di Luce” che stavo preparando in quel periodo e che sarebbe stata esposta nell’autunno di quell’anno. Sapevo di avere a disposizione un grande spazio proprio sul pannello finale per chiudere la mostra con una fotografia di grande formato e volevo che lasciasse a bocca aperta i visitatori, ma non avevo ancora individuato quale avrebbe potuto essere. All'epoca utilizzavo però una reflex Olympus E30 che aveva appena 12.3 megapixel di risoluzione, quindi sarebbe stato difficile pensare di stampare la foto ottenuta in grande formato mantenendo un livello di dettaglio alto.
L'unica soluzione possibile per ottenere ciò che mi serviva era quella di scattare una serie di fotografie per unirle poi in un secondo momento. Optai per scattare 42 fotografie, ben sapendo che sarebbe bastato un piccolo errore in fase di ripresa affinché l'unione di un numero così alto di fotografie non andasse a buon fine. In più avevo il timore che i computer dell'epoca non fossero in grado di gestire un numero così grande di foto. Inoltre, proprio per via del fronte nuvoloso che stava per arrivare, dovevo fare in fretta ben sapendo di avere una sola possibilità per ottenere quello che volevo.
Posizionai in fretta il cavalletto, montai il teleobiettivo e feci una rapida prova dei movimenti che avrei dovuto ripetere qualche secondo dopo scattando, quindi iniziai a scattare sperando che le nuvole mi lasciassero in pace per i circa due minuti che mi servivano per portare a termine le operazioni. Ero ben conscio che se avessi fallito non solo non avrei avuto la fotografia sperata, ma avrei sprecato tempo utile per fare fotografie più normali e meno impegnative.
Tutto andò per il meglio e una volta che ebbi finito di scattare iniziò una lunga attesa per conoscere il risultato perché solo al momento del mio ritorno a casa avrei potuto unire tutte le fotografie e non potete immaginare il sollievo che provai vedendo per la prima volta questa fotografia apparire sullo schermo del computer circa 10 giorni dopo averla scattata.
Alla fine della mostra “Montagne di Luce” chi si trovava di fronte a questo scatto rimaneva stupito dalla quantità di dettagli visibili nella foto, perché anche avvicinandosi ogni zona rimaneva perfettamente leggibile. Insomma avevo ottenuto l'effetto sperato e oggi questa fotografia di oltre un metro di lunghezza è appesa nel salotto di casa mia a ricordo di una giornata speciale.




Vi racconto una foto #8 / La “chiamata”

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Tags: Vi Racconto Una FotoMonte PennaMarcheSantuario della VernaForeste Casentinesi

Una delle cose che mi rimane più difficile è quella di trovare un titolo alle fotografie che scatto. Trovo quella di scegliere il titolo giusto un'arte che semplicemente non mi appartiene, eppure il titolo che ho dato a questa foto mi è parso chiaro ancora prima di premere il pulsante di scatto. Il gioco di parole tra la chiamata che dovevano aver avuto le suore per decidere di prendere i voti e la più prosaica chiamata al cellulare mi è parso subito evidente.

Mi piace però spiegarvi un po' di più di questa foto, perché è stato un momento inaspettato che ho colto al volo quando si è palesato davanti ai miei occhi. Mi trovavo nello stupendo parco delle Foreste Casentinesi per fotografarle e quella mattina avevo deciso di andare al Santuario della Verna e di percorrere il sentiero ad anello nella foresta che porta fino alla cima del Monte Penna. Nulla di difficile, anzi era da considerare una di quelle passeggiatine per riprendermi dalle fatiche dei giorni precedenti. Per tutta la prima parte della passeggiata nel bosco non avevamo incontrato praticamente nessuno perché avevamo deciso di percorrere subito la parte di sentiero più lunga approfittando del fresco della mattina, ma quando mancavano solo poche decine di metri al punto di arrivo iniziai a sentire parlottare qualcuno. Svoltato l'angolo per arrivare alla terrazza panoramica mi si è presentata questa visione che ho immediatamente immortalato senza neanche guardare nel mirino. Avevo la macchina fotografica al collo e mi è bastato alzarla di quel tanto che bastava e premere il pulsante di scatto per portare a casa lo scatto così come lo vedete. D'altra parte vivo in “simbiosi” - mi si permetta il termine - con la fotocamera da anni e ormai conosco gli angoli sottesi dai miei obiettivi per cui spesso riesco a capire cosa sto inquadrando ancora prima di mirare.

Questa scena è durata solo pochi istanti perché dietro di me c'era il mio bambino che in quel momento aveva 2 anni e quindi quando le suore lo hanno visto hanno tolto il cellulare e si sono avvicinate per giocare con lui.

Non so per quale motivo quelle religiose si fossero radunate lassù per utilizzare il cellulare, il segnale arrivava anche intorno al santuario senza grossi problemi, inoltre in un luogo di meditazione come quello mi sarei aspettato che la priorità di quelle suore fossero altre, però quando me le sono ritrovate davanti all'improvviso ho trovato la scena molto buffa e sono contento di aver scattato questa fotografia.

Inoltre le suore erano molto simpatiche e disponibili ed è stato bello condividere con loro qualche momento in cui mio figlio ha insegnato loro a cantare la canzone della pizza tra lo stupore degli altri escursionisti che nel frattempo hanno raggiunto la cima.



Test della fotocamera Canon EOS R7

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Test della fotocamera mirrorless Large Format Fujifilm GFX100 II

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Test dell'obiettivo Canon RF 10-20mm f/4L IS STM

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Vi racconto una foto #7 / La diga ricostruita?

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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La prima volta che ho visto la diga del Vajont e la frana del Monte Toc è stato qualcosa di impressionante. Ero arrivato preparato, conoscevo gli accadimenti non solo per aver visto il film o lo spettacolo di Paolini, ma anche e soprattutto per essermi ben documentato tramite internet. Nonostante questo quando visitai la zona rimasi letteralmente senza parole. Mi sentivo piccolo piccolo non solo nei confronti delle persone decedute nella tragedia, quasi 2.000, ma anche e soprattutto riguardo ai volumi in gioco. La frana è qualcosa di colossale, senza averla vista dal vivo e averci camminato sopra è praticamente impossibile capire di cosa si stia parlando. Il Vajont è uno di quei luoghi in cui devi esserci andato per capire, altrimenti non avrai mai più di un'idea di cosa sia realmente successo in quel luogo.

Probabilmente sarebbe stato meglio se fossero rimasti senza parole anche due motociclisti che parcheggiarono i loro bolidi a fianco alla mia macchina mentre preparavo l'attrezzatura fotografica prima di iniziare a scattare qualche foto, tra le quali quella che vedete.

Mentre avevo lo zaino aperto sul sedile posteriore della mia auto e stavo pulendo le lenti con la microfibra arrivarono loro. Spensero le moto e scesero mettendo i cavalletti, poi si sgranchirono un pochino le articolazioni delle gambe dopo il viaggio, quindi osservando la diga uno dei due esclamò: "non pensavo l'avessero ricostruita". L'altro, che ne doveva sapere ancora meno dell'amico, ma che doveva avere una buona dose di fantasia mista a complottismo, rispose: "si vede che a qualcuno conveniva rimetterla in piedi". "E già", rispose il primo convinto dall'esaustiva spiegazione dell'amico.

Rimasi colpito dal fatto che persone che partivano da casa facendo non so quanti chilometri - l'accento sembrava Veneto ma non saprei dire da dove venissero realmente -, non si erano minimamente degnate di conoscere quello che stavano andando a vedere.

Dopo aver assistito a quella improbabile scena mi chiesi se queste due persone al loro ritorno sarebbero andate la sera al bar del paese o avrebbero parlato alle proprie mogli della diga del Vajont ricostruita per lucrarci e, soprattutto, se le persone con le quali avrebbero parlato sarebbero state in grado di correggerle. Probabilmente no, perché quella del Vajont è una tragedia di cui non si parla nelle scuole, che non è radicata nella memoria collettiva. Però per conoscerla, per immaginarla e per capirla basta andare lì con la curiosità di chi vuole imparare e allora tutto sarà incredibilmente e terribilmente chiaro.



Fujifilm X-S20, il test completo

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Vi racconto una foto #6 / Una mattina inaspettata

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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La sera prima di scattare questa foto avevo deciso che sarei andato all'alba, anzi ben prima dell’alba, a Piazza di Spagna per scattare qualche foto alla fontana della Barcaccia. Quando si ha a che fare con l'alba la premeditazione è condizione essenziale per ottenere buoni risultati. Bisogna avere le idee chiare sulla fotografia che si vuole ottenere, conoscere anche il posto in cui si potrà parcheggiare e quanto tempo si dovrà perdere per raggiungere il luogo dello scatto, l'attrezzatura andrà preparata la sera prima con cura scegliendo cosa portare e cosa no e occorrerà mettere la sveglia a un orario che poche persone non riterrebbero essere un crimine contro la persona. Insomma tutte le decisioni per scattare una foto del genere vengono prese con almeno una giornata di anticipo. Quando si tratta di foto da scattare nella mia città guardo bene anche il meteo, infatti un cielo poco nuvoloso può regalare belle soddisfazioni, ma spesso le previsioni si rivelano imprecise perché sono proprio le condizioni più difficili da prevedere quelle che fanno gola ai fotografi. Quando sono in viaggio e ho poche occasioni di trovarmi all’alba nello stesso posto per due giorni di seguito invece di solito mi limito ad alzarmi e a sperare che vada tutto per il meglio, consapevole che un’alba ogni 10 vale veramente la pena.
Quella mattina arrivai e tutto sembrava essere perfetto per scattare belle foto all’ora blu, a parte che per un particolare: la macchina dei vigili urbani parcheggiata non distante dalla fontana. Chi mi segue forse ricorda delle disavventure che ho raccontato riguardo le mie esperienza con il cavalletto in città per cui ero un po' preoccupato. Posizionai la macchina fotografica sul cavalletto e presi il telecomando notando con la coda dell'occhio che uno dei vigili urbani stava camminando verso di me. Decisi così di premere il pulsante di scatto senza nemmeno controllare i parametri per portare a casa almeno una fotografia nel caso in cui quel poliziotto stesse venendo a cacciarmi. Il vigile si avvicinò fugando ogni dubbio, ero inequivocabilmente io l'oggetto del suo interesse. Non mi piace generalizzare perché è ingiusto farlo, ma i vigili urbani di Roma in alcuni casi non si rivelano né simpatici né gentili nei modi e spesso sono troppo concentrati sul far valere il loro potere nei confronti di chi hanno davanti che a mio avviso questo spesso si traduce in un vero e proprio abuso di potere che porta a ordini inutili. Quindi ero pronto a riprendere tutto pensando a dove andare a fotografare l’ora blu. Invece quel vigile mi salutò e iniziò a guardare nello schermo della macchina fotografica. Si fermò incuriosito a chiacchierare e a farmi domande su quel che stavo facendo. Guardava la fontana, la scalinata e poi la macchina fotografica e faceva qualche domanda. Gli spiegai che stavo aspettando l'ora blu, che era ancora troppo scuro e che in circa 10 minuti sarebbe arrivato quel momento magico che dura pochi istanti. Mentre il collega vigilava sulla piazza vuota guardando di tanto in tanto il cellulare, lui rimase con me e quando gli dissi che quello era il momento perfetto guardò la scena e poi la fotografia appena scattata quando apparve sullo schermo. A quel punto ero soddisfatto e lo salutai prima di spostarmi per fotografare il sorgere del sole da un'altra posizione e lui mi disse: "grazie perché dopo tanti anni di servizio si rischia di abituarsi a certe scene, invece guardandole con te mi sono ricordato di quanto sono fortunato a lavorare in mezzo a queste meraviglie".
Quella mattina fu una sorpresa per entrambi e virtualmente ancora ringrazio quella persona che si comportò in modo così gentile e amichevole da riscattare un'intera categoria.



Canon EOS R8, il test completo

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Vi racconto una foto #5 / Camosci? Neanche uno!

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio

Dicono che il Camoscio Appenninico sia il più bello al mondo. Non a caso il suo nome scientifico è Rupicapra ornata, un modo per indicare il suo manto particolarmente maestoso. Per apprezzarlo però bisogna andarlo a cercare in autunno inoltrato, quando il camoscio si prepara alla stagione invernale e il manto è al massimo del suo splendore. Per questo motivo sono andato più volte nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise in quel periodo per poterli incontrare e fotografare.
Esistono molti posti dove è possibile incontrarli, uno di questi è la Val di Rose. L’escursione non è complicata di per sé, ma si tratta di circa 800 metri di dislivello da percorrere con l’attrezzatura fotografica e bisogna obbligatoriamente portare con sé un teleobiettivo. Considerate che il mio pesa circa 1,6 kg, se a questo aggiungete il peso del corpo macchina, di un altro obiettivo, del pranzo e dell’acqua capirete facilmente che si tratta di una “passeggiata” abbastanza faticosa.

Il giorno in cui ho scattato questa foto sono partito la mattina presto da Roma con il mio amico Diego. Sapevamo che non sarebbe stata una giornata di sole pieno, ma non rischiavamo nemmeno di trovarci in una tempesta. Comunque eravamo partiti pronti ad affrontare qualunque situazione con ottimismo, a parte il traffico tentacolare di Sora che è una costante spina nel fianco quando ci si dirige verso il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise da quel versante.

Dopo il classico caffè pre-escursione abbiamo iniziato a salire. Quando eravamo circa a un terzo del percorso abbiamo incontrato una famiglia di francesi in vacanza che stava scendendo verso Valle proprio dalla Val di Rose. Ci siamo fermati per un saluto e un breve scambio di informazioni e ci hanno detto che la passeggiata era fantastica, ma faticosa e che avevano visto parecchi cavalli allo stato brado. Provai a chiedere se avessero avvistato i camosci ricordandomi non so come che in francese si chiamano “chamois” e la risposta fu: “Camosci? Neanche uno!”. A quel punto ricordo lo sguardo perplesso di Diego, al quale avevo promesso di vederne in quantità. Abbiamo salutato gli altri escursionisti e abbiamo continuato a salire fino ad arrivare in Val di Rose e dirigendoci verso il Rifugio Forca Resuni.
Con le luci basse date dalle nuvole in effetti sembrava non ci fossero camosci, ma conoscendo i luoghi in cui questi animali si radunano dalle escursioni precedenti è bastato salire abbastanza per vedere che ce n’erano non meno di una decina proprio vicino a noi.
Nonostante la leggera pioggerellina  che nel frattempo ci aveva raggiunti e la naturale diffidenza di questi animali sono riuscito piano piano ad avvicinarmi a un esemplare e a scattargli diverse fotografie. Sono particolarmente affezionato a questa sia per l’espressione del camoscio sia per il fatto che si riescono a vedere le gocce di pioggia in controluce a ricordo del clima che abbiamo trovato in quota.
Una giornata bellissima in cui ho potuto riportare a casa con me numerose fotografie e anche tante preziose emozioni che conserverò per sempre.



Fujifilm X-T5, il test completo

Gianluca Laurentini - Fotografia di paesaggio e di viaggio
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Zuiko Digital ED 14-42mm f/3.5-5.6 EZ Pancake Fujifilm GF 32-64mm f/4 R LM WR Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga 14-24mm f/2.8 DG HSM Art Sito Pixma Pro 200 sviluppo Filtri FF II 10-18mm f/4.5-5.6 C-Dreamer Mirrorless Alpha 1 EOS RF 28-70mm f/2L USM Meridiani Montagne Alba Lo scatto a raffica 50-100mm f/1.8 DC HSM Art mirrorless Sony Alpha 7S II Monte Bianco Nature Nikkor Z 24-70mm f/4 S 312T Autunno Nevicata del 26 febbraio 2018 NAF Tevere Castello del Volterraio X-E4 Ceuta Canon vs Nikon Camoscio Appenninico GF 45mm f/2.8 R WR Cabo Mayor NiSi filters GF 500mm f/5.6 R LM OIS WR Lo Zoom Formato RAW Canon PowerShot SX730 HS Raymaster EOS M50 Mark II Photoshop reflex Spagna Focus Piazza di Spagna Chiaia di Luna Social XF 150-600mm f/5 EOS R1 Z9 Cascate di Monte Gelato Tiziano Terzani Interivsta Z50 Powershot SX740 HS Tempo di Scatto Fotografia Notturna Nikkor 18-35mm f/3.5-4.5 G Adobe Camera RAW Natale Altrephoto Matera X100V Montagne di Luce GFX50s Alberto Ghizzi Panizza Intervista Roma - Dal Tramonto All'Alba Alta Risoluzione Erto Isola d’Elba Longanesi Steve McCurry Roma: Incanto e Magia NiSi 15mm f/4 ASPH Panasonic Lumix GH5 Mirino Palmarola APS-C X-T5 Filtri Fotografici Fotografia Panoramica GFX50S II Articoli etica Z 28mm f/2.8 SE Pulcinelle di mare G 25mm f/1.7 Asph. Sony Zeiss Vario-Tessar T* FE 24-70mm f/4 ZA OSS Ferrari EF-M 15-45mm f/3.5-6.3 IS STM Foto Manfrotto Pubblicazioni EOS R Panasonic Giustizia Olympus Pen E-PL8 Guida Mercato Z 14-30mm f/4S Instax Letizia Battaglia Lumix S Pro 16-35mm f/4 Pro3 Belluno Monti Marsicani EF-M 18-150mm f/3.5-6.3 IS STM EF 100-400mm f/4.5-5.6L IS II USM XF 16mm f/2.8 R WR SLT Camera Raw Fragments of Scotland Diga del Vajont Fujinon Lazio e Molise Panasonic Lumix GX800 Isola Tiberina Z5 Flickr Canon PowerShot G7 X Mark III Giorno della memoria Z 16-50mm f/3.5-6.3VR Scotland Eos M6 Mark II Facebook Rocca Calascio Lu Zoom Cambiamento Climatico Parco Nazionale d'Abruzzo seleziona soggetto Panasonic Lumix FZ2000 Seconda guerra mondiale Campidoglio Nikkor Z DX 50-250mm f/4.5-6.3 VR XF 23mm f/1.4 R LM WR D850 Fondazione Don Luigi di Liegro Gallerie Michael Freeman Vi Racconto Una Foto Amatrice Calendario GFX100 II RF 100-500mm f/4.5-7.1L IS USM fotografico Pantheon Fotografiamo.net Logos Neve Febbraio Casso Tamron 150-600mm f/5.6-6.3 Di VC USD G2 Highlands Postcart Edimburgo Raymasters Camera Filters Fotografare il cielo notturno Raymasters EF-M 22mm f/2 STM Dublino Tiberina Fuji Terremoto Lumix FZ1000 II Z fc Punti di vista Parco Nazionale d’Abruzzo Lumix S5 Lumix S 24-105mm f/4 Macro OIS Luana Rigolli Large Format #marmolada olympus Angelo Paionni Bianco e Nero Meridiani Frecce Tricolori GFX50R Libri Fujifilm GF 23mm f/4 R LM WR blade runner fotografia Ponte Sisto GFX100S sviluppo RAW Arcobaleno EOS M5 Vieri Bottazzini fotografiamo.net X-S10 mix bridge Corso Intermedio Aggiornamento Lago di Braies 6 W-Dreamer Rettilineare Panasonic Lumix FZ82 Fotofabbrica Roberto Giacobbo Monte Toc Montagna G80 Pannelli Solari Nikkor 16-80mm f/2.8-4 E ED VR DX Lightroom Serata fotografica Canon EOS 6D Mark II Ponte Sant'Angelo Trastevere Sirente Velino Composizione Nick Ut EOS R5 om Stock Lumix GH6 Compatta Aereo Un mondo che non esiste più Isole Ponziane RF 24-105mm f/4 L IS USM Ponza Corso Base Proiezione Longarone Lumix G90 Ponti della L'isola degli Arrusi News X-S20 Nikkor Light Painting Rinascimento della Fotografia Galleria Moderni Galleria EOS R7 2018 RF 10-20mm f/4L IS STM Fotografia naturalistica Corriere Lo sfocato Roma - Dal Tramonto all'Alba 6-8 R LM OIS WR Pentax Daniele Nardi Città del Vaticano A7R IV naturalista Cow A99 II Filtro Polarizzatore HDR Space Invaders Medio Formato Corso Fotografico Workshop Valle del Treja Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini gallerie Andrea Jemolo Cantabria Panasonic Lumix G 14-140mm f/3.5-5.6 Asph. 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Parco Nazionale dei Monti Sibillini Natura Michelangelo Bagaglio a mano Olympus Monte Viglio Regola dei Terzi Almanacco di Fotografare Fontana della Barcaccia Laowa Fujifilm Sigma GND32 Soft Zero Smartphone S1R Canon EOS M6 Z 6II Nikon articoli T3 Naf Foreste Casentinesi Biblioteca Aldo Fabrizi L'occhio del Fotografo Auguri Lazio Sera Mostre Castel Sant'Angelo Leica Al3Photo XF 70-300mm f/4-5.6 R LM OIS WR eur 8 Macro IS STM Editoriale Pentax D-FA 50mm f/2.8 Macro Impariamo a sfruttare il cielo in fotografia Rupicapra ornata Isola Foro Romano FF II 9mm f/5 Vajont Panning Upter Lumix GX880 Freedom Alla Luna EOS 90D XF 50mm f/1 R WR RAW Viajes X Risiera di San Sabba Massimiliano Carraglia Italia Clickalps Canon EF 16-35mm f/2.8 L III USM Appennini Panasonic Lumix Vario 12-32 mm f/3.5-5.6 Fondazione di Liegro Pentax K1
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